Come le rondini al cielo, di Doris Bellomusto

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L’irresistibile e complessa sfida di scandagliare l’intimità

La soave e profondissima arte di ritrovare se stessi mentre già si sta diventando qualcosa di nuovo, passa anche attraverso la capacità di perdersi.

È scesa a patti con lo smarrimento, l’anima nomade, i timori e la leggerezza, Doris Bellomusto per tessere le pagine della sua prima silloge.

Un monologo da recitare allo specchio nei giorni di tempesta

“Come le rondini al cielo” è una dichiarazione di intenti, un’ammissione di inadeguatezza, un canto di solitudine.  È un monologo da recitare allo specchio nei giorni di tempesta in cui ci si sente donne in balia della geografia del sentimento, del corpo e della terra.

C’è una donna di Calabria sradicata dalle propria vie, che si radica altrove e respira l’accoglienza solitaria. Una donna che vorrebbe sentirsi acqua, fiore, foglia, per dimenticare e poi rammentare di essere gravida di incertezza, finitezza e meraviglia.

C’è una professoressa del liceo che si prende sul serio ma non troppo, una creatura di Fagnano Castello, volata fino a Barga, dal cosentino al lucchese, in un nido che non è casa ma è certezza.

C’è un figlio che bussa alla carne di una genitrice con i calzini spagliati, le rotte randagie e le parole promesse all’ebbrezza di non conoscere la direzione ma di individuare la meta.

I versi sembrano mettere ordine ma poi mescolano le carte quando, guardando dallo spioncino, chi scrive si fa sedurre da madre Natura, con un’invidia buona, con il desiderio di giocare ad esser come lei.

C’è il tempo del riposo, dell’amore, della pigrizia, della confusione adolescenziale e della saggezza viaggiante.

Un incedere randagio e caotico

Doris Bellomusto, con il suo incedere randagio e caotico restituisce limpidezza a pensieri, dai quali tutti con gradazioni diverse, in istanti differenti dell’esistenza ci siamo sentiti o ci sentiremo preda.

Lo fa, adoperando l’artificio della genuinità, plasmando tanto inconsapevolmente, quanto per bisogno, un diario di bordo che è già scrigno della memoria, a cui pure il compianto direttore editoriale della casa editrice “Tracce” Ubaldo Giacomucci, ha riconosciuto una cifra lirica ma verace.

Si pensa bambina mentre è già donna Doris, si immagina ragazza per indossare con il giusto spirito di responsabilità incosciente e di apertura al possibile, il suo essere mamma.

L’eco femminino di Khalil Gibran pare trasformare l’arco e le frecce nel volatile primaverile che cerca riparo in un mucchio di rovi caldi ma poi sa di appartenere alla volta celeste.

Deve sentirlo, perché lo ha imparato da chi quelle fragili “mura” sospese nel vuoto le ha costruite per accudirlo e proteggerlo e che mitigando l’egoismo, saprà godere del suo librarsi in aria seguendone il volo finché potrà.

Nel canto casuale (ma non troppo) di Doris Bellomusto sono custodite le melanconie stagionali, l’esattezza dei colori e degli odori, i propositi sempiterni, le scorciatoie edonistiche a cui non sappiamo rinunciare, perché assomigliare a Narciso è un peccato dolce e perdonabile, se ben dosato.

Elogio all’imperfezione del sentimento

Nel suo inchiostro l’elogio all’imperfezione del sentimento, al proprio ruolo vitale e sociale, alla comprensione di sé, corrisponde ad un esercizio di accettazione condiviso e condivisibile.

Il foglio bianco diventa l’arena di incontro e di scontro con l’io, il crocevia per consentire all’alterità di ritrovarsi in ciò che si sceglie di comunicare, assorbendo al contempo prospettive e stimoli nuovi.

La poetica nata come soliloquio, si fa d’improvviso dialogo: ricercato, inevitabile, profondo ed arricchente.

È come se la migrazione del fisico esigesse l’asilo del cuore.

È come se l’enigma della solitudine, talvolta agognata ed altre subita, si risolvesse in un’introspezione che viaggia sulle frequenze della risata solleticante e della verità pungente.

“Come le rondini al cielo” è un vaso carico di quesiti che si agitano sottopelle senza ricevere risposta, a riprova di quanto non esistano ricette preconfezionate ma solo esperienze che disposte su un lenzuolo, pretendono con delicatezza di essere stese al sole.

Perché si sa, la luce scalda i visi, illumina i sentieri e le caverne dell’essere, culla la spensieratezza e nutre.

Alla via del nutrimento viscerale si è aperta Doris Bellomusto, spargendo briciola dopo briciola, frammenti di una vita straordinariamente ordinaria in un vento che parla tante lingue ed una sola.

Fallibile, sincera, nebulosa, diretta. Semplicemente, universalmente, umana.

Il libro

Titolo: Come le rondini al cielo

Autore: Doris Bellomusto

Editore: Tracce

Altre info: 48 pagine, anno 2020


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Autore

Silenziosa osservatrice dalla penna loquace. Classe 1995. Convinta che per raccontare il mondo con spiccata vena poetica occorra conoscerne le dinamiche interne è laureata in Sociologia presso l’Università degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro e studia Metodi e linguaggi del giornalismo presso l’Università degli Studi di Messina. Collabora con diverse testate giornalistiche del territorio, scrive per necessità emotiva qualcosa che somiglia alla poesia. Ama la sua Calabria, terra di contraddittoria bellezza.

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